Velisti italiani sono anche padri che trasmettono la passione ai figli, rielaborandola in maniera personale ed autonoma. Cino Ricci, il padre è conosciuto come skipper di Azzurra e patron del Giro d’Italia a Vela. Franco, il figlio prende il testimone del padre ma scopre la sua vera vocazione di maestro per insegnare agli altri ad andare a vela.

Cino e Franco come i protagonisti della serie a fumetti avventurosi che ha ispirato il soprannome “Cino”: il suo nome anagrafico non è reso pubblico. Le loro vite come padre e figlio, come velista e maestro, si intrecciano in tante avventure come gli eroi dei fumetti.

Cino Ricci e il mare
Cino Ricci, classe 1934 ne ha visto di mare passare sotto la chiglia ma da un decennio ha preferito ritirarsi in campagna. Vive nel podere che era di suo nonno a San Savino, vicino a Predappio e produce un buon Sangiovese. Il suo ritorno alla terra è un ritorno alle sue origini. “Mio padre lavorava a Miramare di Rimini quindi sono diventato del mare ma sono della terra”.

Non ha più velleità agonistiche, come dice lui ora “non mi schiodano nemmeno le bombe” ma accetta di essere intervistato. Con voce un po’ stanca ma con la verve, l’accento romagnolo e l’ironia di sempre, il grande velista italiano parla della sua vita straordinaria.
Come è nata la sua passione per la vela?
“Quando avevo sei o sette anni andavo al mare a vedere le barche negli squeri, quelle dei pescatori allora non ce n’erano da diporto. Ero un bambino, gironzolavo, prendevo le stelle marine e i granchi che si impigliavano nelle reti. Un paio di pescatori mi volevano bene anche perché abitavo da loro e mi portavano anche fuori in barca. Ho iniziato ad apprezzare il fatto di sentire sotto di me lo sciabordio dell’acqua e la barca che mi sembrava enorme, scivolare sul mare.

Verso i dieci anni ho iniziato a veleggiare su un beccaccino con i rudimenti che avevo imparato dai pescatori. La barca era di una ragazzina che veniva a fare le vacanze al mare ma non sapeva navigare e io la portavo fuori.
Cino Ricci: Le prime barche e le prime regate
Nel 1952 insieme con dei miei amici velisti italiani ho comprato una barca ma non ero un regatante. Per l’estate a Rimini ho incominciato a portare in giro i turisti a pagamento con un grande cutter di 13m circa, sullo stile del beccaccino.

Finita la stagione andavo a pescare con un peschereccio che si chiamava Mompracem, un bragozzo a vela, quindi ho fatto anche il pescatore. Vista la mia abitudine al mare, degli amici velisti italiani mi hanno trascinato al Circolo di Cesenatico dove avevano delle imbarcazioni a vela abitabili. Dopo due o tre anni sono diventato Presidente, mentre stavo affinando la mia formazione velica anche in Francia.
Cino Ricci e l’”Imparato”
Il mio “manuale di vela” si chiamava “Imparato” era un librone sui cui studiavano per l’esame i comandanti di lungo corso. Ai miei tempi non esistevano veri libri di vela ma quel volume ha risposto a tante mie domande. Ho capito ad esempio come si virava con le vele quadre, come si chiamavano le cime, le gomene, i diametri ideali.
La contaminazione con la cultura marinaresca francese
Quando sono andato in Francia le loro lance si manovravano come le barche a vele quadre. Andavi all’orza quando la barca si fermava, la facevi arretrare, buttavi il timone dall’altra parte ed abbattevi. Non si poteva virare vicino agli ostacoli, dovevi tenerti lo spazio per indietreggiare, sai quanti velieri si sono sfracellati per ignoranza.

Ho conosciuto le scuole dei Glenans per capire se si poteva importare il modello anche in Italia ma ho desistito, non avrebbe funzionato. Alla fine degli anni ’60 ho incominciato a regatare perché gli amici francesi mi hanno quasi obbligato a farle. A La Rochelle ho fatto per due, tre anni la stagione di regate.

Ho comprato delle altre barche come un Armagnac, barca a spigolo in legno, con cui ho regatato alla prima Barcolana nel 1969. Questa competizione che all’inizio era una festa per i triestini è diventata nel tempo una grande regata, io dico che ha preso la patente. È uno spettacolo la partenza con il mare punteggiato di scafi: ormai è un appuramento imperdibile per i velisti italiani e stranieri.
Franco Ricci – Scuola Italia in Vela
Franco, classe 1968, dal 2000 vive a Cagliari e nel golfo ha trovato un paradiso per la vela. Ha convogliato barche e velisti italiani creando un punto di riferimento per un nuovo stile di insegnamento.

“Viaggiando mi ero accorto che la Sardegna è una delle rare zone in Italia che offrono la possibilità di fare vela tutto l’anno. Intendo farla bene e farla diventare il vero primo sport e qui a Cagliari sarebbe possibile se ci fosse la determinazione. Le condizioni climatiche sono ottimali e il golfo è meraviglioso e concede più campi di regata per allenarsi.
Ho aperto la Scuola Italia in Vela a Cagliari: abbiamo creato un’associazione iniziando prima con ragazzi locali che sono cresciuti e diventati istruttori. Ho trasmesso loro la mia metodologia per insegnare e insieme abbiamo creato una scuola che quest’anno compirà vent’anni.
Franco Ricci: Attività didattica e manutenzioni alle imbarcazioni
Abbiamo partecipato come scuola a diverse edizioni del GiroVela perché mio padre mi ha dato la possibilità di organizzare degli equipaggi per lui.
Ci siamo divertiti e abbiamo avuto anche qualche bel risultato contro importanti velisti italiani. Inoltre ho lavorato cinque anni per lui sulla flotta dei Giro34 per lavori di rigging, gestione, organizzazione e sistemazione della flotta.

Grazie a quest’esperienza ho creato il mio attuale lavoro che consiste in manutenzioni delle imbarcazioni, rigging e quant’altro. Seguo la Scuola che è un associazione sportiva dilettantistica per continuare a fare attività formativa e preparo allievi anche per le patenti nautiche in un’autoscuola.
I primi passi di Franco Ricci in barca a vela
Mio papà non mi ha mai spinto a fare vela per lavoro anzi era contrario come molti sportivi agonisti e altri velisti italiani. Secondo lui, ad alti livelli arrivavano in pochi e comunque non era un lavoro redditizio e non valeva la pena farlo.

Non mi ha mai avvicinato alla vela: a otto anni mi ha iscritto ad un corso per provare se mi piaceva come sport. Sono andato da mia zia al lido di Savio, vicino a Ravenna e ho trascorso l’estate al mare con mio cugino. Lì ho fatto i miei primi corsi di vela con Optimist, Flying Junior, Europa, 420. Come tutti i ragazzi ci divertivamo ad andare in barca.
L’istruttore di vela: una vocazione giovanile
Quando ho raggiunto i 17 anni ho avuto l’occasione nello stesso circolo di aiutare il responsabile della scuola. Ho iniziato a fare l’istruttore, sono cresciuto e ho fatto tutti i corsi federali e poi ho preso la direzione di quella scuola.

Con mio papà anche in seguito sono uscito in barca quattro volte nella vita. A 25 anni gli ho chiesto il Verdone, il suo 14 metri in alluminio che era fermo e non faceva attività. Sono andato in giro con i miei amici e poi ho iniziato a fare le regate.
Ho preso un gruppo di amici che non erano mai stati in barca e ho insegnato loro a navigare. Facevamo le regate per gioco a Marina di Ravenna e da allora ho sempre insegnato, anche agli adulti.
Cino Ricci, i velisti italiani e la Coppa America
Nei primi anni Ottanta iniziava a diffondersi una maggiore professionalità tra i velisti italiani dei cabinati: nuovi armatori creavano equipaggi di alto livello. In quel clima nasce la prima campagna di Coppa America con un equipaggio tutto italiano.

Cino Ricci grazie a Vallicelli conosce Gianni Agnelli e gli viene affidata la preparazione della barca, dell’equipaggio, dell’organizzazione in mare. “Questo è il capitano Ricci, deve essere libero di lavorare”, lo presenta l’avvocato agli altri del Consorzio che si sta creando. Viene scelto il nome Azzurra come il colore simbolo delle nostre nazionali.

“È stata dura creare un team da zero e regatare nel match race quando non era un format di regata che si corresse in Italia. Misi un annuncio sul Giornale della Vela e numerosi velisti italiani accorsero: io avevo il mio metodo pe