Marco Nannini, classe ’78, è nato e cresciuto a Torino dove ha vissuto fino alla fine delle scuole superiori. Ha conseguito una laurea in Economia e finanza presso l’Università di York nel 2000. Ha iniziato a lavorare nella consulenza nel 2000 per poi passare in banca nel Risk Management. Dopo una brillante carriera decide di mollare tutto per coronare il proprio sogno. Partecipa alla Global Ocean Race 2011-2012 che conclude in seconda posizione. Oggi è imprenditore, navigatore, scrittore e padre di una bimba dagli occhi del colore del mare.

Estratti dall’intervista a Marco Nannini per Velisti in Facebook
Velisti in Facebook è il più grande gruppo dedicato alla vela su Facebook in Italia, ed è gestito da Gianni Tex Tessaro.
Questa sera chiacchieriamo con Marco Nannini, nostro ospite, velista oceanico, solitario, poi anche nel suo intimo vedremo, autore e scrittore, velista dell’anno 2012, e medaglia al merito della presidenza del Senato della Repubblica Italiana.
Ho visto che il tuo sito si apre con due immagini ben distinte di te, una da navigatore e una da imprenditore, che portano a due distinti siti, uno dei quali è dedicato alla tua società di consulenza alle PMI e l’altro alla vela.
Come sei arrivato a 42 anni ad avere due lati della medaglia così distinti?
“Io nasco come laureato in Economia e Finanza presso l’Università di York, in Inghilterra, nel lontano 2000. Ho iniziato a lavorare giovanissimo, a 22 anni lavoravo già. Mi sono poi trasferito in Inghilterra permanentemente, quindi fondamentalmente dal ’97 al 2013 ho vissuto all’estero. Il mio primo lavoro è stato nella consulenza. Dal 2004 prima in BNL poi in Hypovereinsbank poi in Unicredit sono stato un bancario della City di Londra.
Erano gli anni peggiori per esserlo, perché ho vissuto il Credit Crunch prima nel 2007. Poi la crisi del Subprime nel 2008, il crollo di Lehman eccetera. Fino a che poi ho mollato la banca ed ho deciso di inseguire un sogno nel cassetto. Non è nato subito ma è maturato nel giro di qualche anno il sogno di fare il giro del mondo in barca a vela. In regata, alla Global Ocean Race 2011.

Finita la regata non ce l’ho fatta a rientrare in banca nonostante avessi l’opportunità ed ho continuato a dedicarmi alla vela. Al giorno d’oggi ho una società di consulenza quindi sono tornato in quello che stato il mio primissimo lavoro. La vela esiste ancora anche se è a latere del mio lavoro principale” ha spiegato Marco Nannini.
Cosa ti è piaciuto della tua prima parte di vita a Londra dedicata alla finanza?
“Devo dirti che è stata una questione di opportunismo. Quando avevo 18 anni in quarta liceo che sarei andato a fare l’università all’estero. Era un modo elegante, al quale non si poteva rispondere di no, per andare fuori di casa. Avevo visto le tribolazioni di mio fratello maggiore che ha fatto una carriera completamente diversa in maniere umanistiche. Adesso lavora a Los Angeles nel cinema quindi la carriera poi l’ha fatta, solo che ha scelto una strada sicuramente in salita.
Io invece non volevo lottare in famiglia per spiegare perché volevo essere artista o qualche cosa del genere. Mi sono presentato a casa dicendo vado a studiare Economia e Finanza. A quel punto nessuno poteva dire di no e sono potuto partire ed andare a studiare all’estero. Detto questo facevo leva sul fatto che son sempre stato molto bravo in matematica.
Quindi mi sono chiesto “qual è lo studio più facile che io possa fare fra tutti i possibili che mi darà per primo un lavoro”? Allora per puro costo/opportunismo ho studiato Economia e Finanza e appena mi sono laureato ho trovato lavoro subito. L’anno in cui mi sono laureato ho iniziato a lavorare subito a 22 anni” racconta ancora Marco Nannini
Invece come è nata la passione per la vela fino al tuo giro del mondo?
“Io ho fatto vacanze in barca a vela, qualche charter, con mio padre da piccolo. Ho fatto qualche corso su degli Hobie Cat e windsurf all’Ecole Nationale de Voile di St Pierre de Quiberon quando avevo 14 anni. Il primo anno sono andato a fare il corso. Il secondo anno mi sono presentato con la tenda. Gli ho detto “L’anno scorso ho notato che avevate un sacco di biciclette con le ruote bucate”. Perché bisognava andare in bicicletta a fare Char a voile sulla spiaggia in bassa marea.
Mi sono offerto di aggiustargli le biciclette se mi offrivano di stare lì a fare i corsi gratuitamente. Cosa che molto gentilmente hanno fatto, quindi sono andato a scrocco all’Ecole Nationale de Voile. Però poi diciamo che non è che io abbia mai fatto regate. Non ho un percorso velico di nessun rilievo o importanza. Durante tutta l’università e quando ho iniziato a lavorare ho fatto vela pochissime volte. Ho fatto la patente nautica ma non ho iniziato a far vela fino a che non mi sono trasferito definitivamente in Inghilterra.

Il mio vero avvicinamento alla vela è avvenuto in Inghilterra. Nel 2004, con la liquidazione del primo lavoro in Italia, ho comprato un J24 scassatissimo. Volevo vivere l’esperienza di essere proprietario di una barca. Con quello ho iniziato a navigare obbiettivamente senza capirci niente in acque inglesi. Non sapevo perché per andare in un posto una volta ci mettevo 40 minuti e la volta dopo 4 ore. Allora mi sono iscritto ad un corso teorico di preparazione allo Yachtmaster, per studiare le maree, perché non ci capivo nulla” continua Marco Nannini.
Il passaggio dalla finanza alla vela di Marco Nannini
Gianni Tex Tessaro: Quando hai deciso di lasciare l’attività finanziaria ti sei lanciato in regate che non sono proprio le prime a cui si partecipa. Hai fatto svariate regate prima di fare un giro del mondo ad essere eletto velista dell’anno 2012.
Cosa hai combinato di così eclatante prima del giro del mondo?
“Non mi sono licenziato subito, nel 2005 ho venduto quel J24 scassato, per prende una barca da crociera veloce. Una barca che potrebbe essere l’equivalente di un Comet 10,50. Con questa volevo fare per esempio l’ARC, passare tre mesi ai Caraibi, tornare indietro e tornare al lavoro. Immaginavo un sabbatico futuro, se non che già col J24 trovavo difficile mettere insieme un equipaggio anche per le regate della domenica nel Solent.
Cercando su internet ho trovato il Solo Offshore Racing Club che organizzava un ciclo di regate di tre anni di preparazione alla OSTAR. Ti portava in pratica a prepararti per passaggi successivi a prepararti per la successiva OSTAR. La OSTAR è la transatlantica in solitaria da Plymouth in Inghilterra a Newport negli Stati Uniti. La prima regata a cui ho partecipato cadeva proprio nel 2006, con questa nuova barca anch’essa molto vecchia del 1984. A cena di quella primissima regata, come in ogni regata inglese, mi sono seduto ad un pub. Lì ho bevuto più birra di quanta ogni uomo dovrebbe mai bere in una sola sera nella sua vita.

Alla terza birra già pensavo all’Oceano Atlantico del Nord. Alla quarta ho iniziato a pensare seriamente alla regata. Alla quinta ero moralmente iscritto alla OSTAR 2009. C’era Jerry Freeman che era presidente del Solo Offshore Racing Club che è poi stato mio mentore nella preparazione. Ma, già a quella cena c’era Paul Peggs, mio co-skipper alla prima tappa del giro del mondo. Quindi nel 2009 ho fatto la OSTAR in solitaria da Plymouth a Newport, Rhode Island, durante le vacanze, prese dal lavoro” ci spiega Marco Nannini.
“Sono stato stregato dall’esperienza di fare questa regata, che mi è piaciuto tantissimo” Marco Nannini.
“Ho navigato 36 ore in mezzo agli iceberg nella nebbia sui banchi di Terranova. Ho avuto tantissima paura ma allo stesso tempo mi piaceva tantissimo, l’adrenalina e tutto quello che ne consegue. Ho vinto la mia categoria che era l’equivalente di IRC3. A quel punto mi sono chiesto, e se facessi il professionista? Secondo me, pensavo, è come in certi settori dell’economia, la vela è uno sport dove c’è una barriera di ingresso.

Ovvero costa caro fare il velista ma non è detto che se io lo facessi non sarei in grado. Allora ho deciso di usare tutti quei soldi che continuavano a darmi in banca. Ero al posto giusto al momento giusto durante la crisi occupandomi di Risk Management. Ho venduto la barca da crociera ed ho venduto il Class40. Nel 2010 con questo Class40 ho fatto la Round Britain and Ireland, in doppio con Paul Peggs. Regata in doppio, a tappe dove siamo stati primi fino all’ultimo promontorio.

Poi pensa che i primi cinque Class40 hanno finito nell’arco di 6 minuti (con noi secondi per una manciata di secondi). Dopo quella regata fui sponsorizzato addirittura da UniCredit, che era il mio datore di lavoro. Sponsorizzazione per andare a fare la Route du Rhum nell’autunno dello stesso anno. Quindi progressione rapidissima: 2009 OSTAR, 2010 Round Britain and Ireland e Route du Rhum. Mia prima regata, in solitaria su barca da regata, in mezzo ai professionisti” prosegue Marco Nannini.

Hai fatto la OSTAR nel 2009 ma avevi già fatto una travesata atlantica?
“No è stata la mia prima, avevo fatto il ciclo di 3 anni preparatori del Solo Offshore Racing Club. Nel 2006 ho fatto la mia prima regata di 50 miglia, poi una di 200 a tappe. Nel 2007 ho fatto regate una di 300 e una di 400 miglia. Nel 2008 ho fatto una regata in 3 tappe di cui una era di 500 miglia e costituiva la qualifica alla OSTAR dell 2009.

Nel 2008 ho fatto anche la simulazione di quella che sarebbe stata la partenza della OSTAR. Sono andato 5 giorni verso Ovest, a 400 miglia dall’Inghilterra e 200 a Sud Ovest dell’Irlanda per poi disalberare” racconta Marco Nannini.

E li hai deciso che dovevi fare la OSTAR?!
“Ho detto che bello, che bello, andare da soli in barca a vela. Son tornato in Irlanda con armo di fortuna, buttando l’albero a mare ma tenendo il boma. Nel 2009 con albero nuovo e vele nuove ho fatto la mia prima transatlantica in solitaria. Non avevo esperienza d’altura se non le regate preparatorie e regate tipiche inglesi. Per esempio la Cowes-Dinard-St Malo di 165 miglia in doppio” ci spiega Marco Nannini.

Poi eravamo rimasti alla tua partecipazione al giro del mondo in doppio.
“Nel 2010 ero stato sponsorizzato da UniCredit, che sarebbe dovuto rimanere come mio sponsor anche nel 2011. Se non che proprio mentre facevo la Route du Rhum, era il periodo in cui si era dimesso Profumo e tutta la sua cordata manageriale. Fra questi manager anche quello che internamente alla banca aveva voluto la mia sponsorizzazione. Andato via lui il dipartimento marketing all’inizio ha fatto delle analisi sul ritorno sull’investimento che mi facevano pensare che stessero ancora valutando la sponsorizzazione.

Ma solo dopo ho capito che volevano solo prepararsi a rispondere alla domanda sul perché mi avessero sponsorizzato nel 2010. Visto che UniCredit da sempre sponsorizzava solo il calcio e pochissime altre attività. Quindi nel 2011 a marzo mi viene detto che non verrò sponsorizzato con regata che partiva a Settembre. Non avevo title sponsor a questo punto, ma mi ero già comprato una barca e detto a tutti che avrei partecipato alla Global Ocean Race.
Come la banca mi ha detto di no alla sponsorizzazione molte cose sono cambiate. Il mio capo tedesco ex Hypovereinsbank mi ha presentato il conto di quella libertà aggiuntiva di cui avevo goduto durante la Route du Rhum. Mi ha fatto capire che la mia vita sarebbe stata molto dura se fossi rimasto. Allora mi sono guardato intorno e mi sono procurato due offerte di lavoro, una in UBS e una Royal Bank of Scotland. Forte di queste due offerte di lavoro dovevo decidere se licenziarmi per cambiare banca o inseguire il mio sogno. Avevo chiesto un sabbatico in UniCredit ma nonostante l’approvazione delle risorse umane il mio capo tedesco si oppose” racconta Marco Nannini.
“A quel punto presentai le mie dimissioni però non avevo ancora davvero deciso il seguito” Marco Nannini
“Pensavo che avrei accettato l’offerta di Royal Bank of Scotland, perché mi offrivano una cifra davvero spropositata. Lo stipendio era doppio rispetto a quello già alto che avevo in UniCredit. Alla fine in un momento di mezza follia sono arrivato a casa avendo rifiutato le offerte di UBS e Royal Bank of Scotland. Ed avendo confermato la mia iscrizione alla Global Ocean Race” aggiunge Marco Nannini.

C’è qualcosa in particolare che ti ha ispirato per lasciare la banca e fare il giro del mondo in regata?
“Innanzitutto era un sogno nel cassetto che esisteva in me. Da ragazzo dicevo un giorno farò il giro del mondo ma non era un progetto. Non era un sogno sul quale stavo lavorando, ma le cose sono cambiate dopo la OSTAR. Doverci rinunciare perché il mio capo mi aveva negato l’aspettativa mi spiaceva. Se avessi avuto l’aspettativa non pagata avrei potuto fare il giro del mondo e tornare poi al lavoro. Dopo con calma in qualche modo le finanze si sistemavano.

E poi, lo vedevo come un treno che stava passando, un’opportunità che non si sarebbe ripetuta. Avevo 32 anni, non avevo famiglia o figli, non dovevo render conto a nessuno. Avevo un po’ di soldi, troppi pochi, ma ce n’erano un po’, tutti frutto della mia carriera. Allora mi resi conto che se non avessi fatto quel giro del mondo probabilmente non ne avrei fatto uno per tutta la mia vita. Durante tutto il mio giro del mondo la mia ansia è stata quella di non finire.

A questo proposito mi viene in mente un collega che stimo moltissimo dal punto di vista velico che è Matteo Miceli. Lui secondo me ha fatto un giro del mondo in solitaria con il suo Class40 Ecosostenibile. Ha tagliato anche moralmente la rotta che aveva percorso in partenza del giro perdendo solo dopo la chiglia. Purtroppo per colpa di un giornalismo abbastanza carente e spesso poco preparato in Italia gli è stato riconosciuto poco mediaticamente” specifica Marco Nannini.

Non ha caso ha scritto un libro intitolato “Tre capi non bastano” dice Marco Nannini di Matteo Miceli.
“Questo sottolinea questo aspetto pur avendo fatto un giro del mondo. Secondo me si merita il plauso di tutti i velisti perché secondo me il giro del mondo la fatto eccome. Però quell’ansia che è parafrasata dal titolo “Tre capi non bastano” io l’ho vissuta durante il giro del mondo. Sapevo che se non avessi finito il giro avrei rischiato di rimanere in mano con un pugno di mosche. Invece finendo secondo sono diventato velista dell’anno.
Mi è stata conferita una medaglia al Merito della Presidenza del Senato della Repubblica Italiana. Ho avuto un contatto con Longanesi per scrivere il libro “Dalla Banca all’Oceano”. L’opportunità di fare una serie di quattro DVD con il Giornale della Vela ed altre occasioni che mi hanno dato un po’ di visibilità. Tutte cose che mi hanno permesso di portare a casa qualche cosa, “monetizzare” un impegno.

Avevo puntato tutto su una sola giocata di testa o croce per dirla con le parole di Kipling nel poema “Se”. “Se ci riuscirai sarai un uomo” diceva Kipling. Oppure uno stupido testone come dice Homer al padre in una puntata dei Simpson” aggiunge ironicamente Marco Nannini.
Sai accettare i tuoi limiti ammesso che ti riconosci dei limiti?
“Per chi crede nelle caratteristiche principali dei sogni zodiacali sono un tipico Toro. Estremamente determinato quando ho un obiettivo. Praticamente inamovibile nelle mie decisioni, lento a prenderle, ma inamovibile una volta che le prendo. Estremamente testarto e che raramente riconosce le sue colpe o errori se non molto tempo dopo. Posso anche dire si è vero avevo sbagliato, ma magari nel frattempo sono passati 3-5 anni. In ambito matrimoniale non è l’ideale, sopratutto con le donne.
Molte delle mie caratteristiche sono a terra dei fortissimi difetti che mi rendono una persona molto difficile con cui interagire. Socialmente non ho molto successo, faccio fatica a stare con gli altri e gli altri fanno fatica a stare con me. Questi non possono essere che tutta una serie di difetti che io riconosco nel mio carattere. So di averli e col tempo li ho imparati ad accettare. Dall’altra parte alcuni di questi difetti come l’estrema determinazione, la testardaggine, si trasformano in pregi in mare.

Specie quando vuoi fare un giro del mondo o una transatlantica in solitaria. Detto questo le mie caratteristiche caratteriali presentano altri problemi nelle navigazioni in equipaggio. Non ho un carattere facile, per niente, in nessuna situazione e lo so, e come dire, purtroppo è così. Io lo accetto il problema ovviamente è che non basta che lo accetti io” precisa Marco Nannini.
Quindi all’interno di un gruppo come vivi la gerarchia dei ruoli?
“Di nuovo purtroppo, perché è un limite, l’unico ruolo che riesco a rivestire all’interno di un gruppo è quello del leader. Faccio estremamente fatica a stare in un ruolo di subordinazione, salvo essere subordinati ad una persona che stimo infinitamente. Posso essere subordinato se stimo la figura che è il mio superiore. Siccome questo, di nuovo per mie limitazioni caratteriali, non è avvenuto stesso. La mia stima c’è per tantissime persone, ma non no mai avuto la fortuna di lavorare per queste.

Non parlo né di Dio né del Papa, ovviamente ci sono tantissime persone che stimo sia nella vela che in ambito imprenditoriale. Per loro sono sicuro che lavorerei a testa bassa e sarei un ottimo team player. Quando ero manager in UniCredit credo sapessi come far funzionare un team e so come essere un team player. In situazioni dove il mio ruolo è marginale e non emerge l’aspetto di concorrenza per la leadership non ho problemi.
Ma se siamo in una situazione dove viene messa in discussione la leadership ho una fortissima tendenza a volerlo essere. E se non lo sono la cosa può diventare un problema per me e per il team” ammette Marco Nannini.
Quando sei in barca pensi di più al senso della vita, alla stanchezza, alla fame, al raggiungimento dell’obiettivo, al sesso?
“Molto al significato della vita. Dico sempre che molte delle decisioni importanti della vita, come sposarmi ed avere una figlia, le ho prese in seguito a queste riflessioni. La decisione di sposarmi l’ho presa durante la tappa di capo Horn. Durante tutta la navigazione c’era un quesito che occupava i miei pensieri. Mi ero detto che quel giro del mondo lo stavo facendo perché se fossi diventato vecchio e non l’avessi fatto me ne sarei pentito.

Allora ho dedicato la tappa a pensare di quali altre cose mi sarei pentito se non le avessi fatte prima di morire. Fra queste c’era il matrimonio, che fino a quel momento non era una cosa che avevo considerato, immaginando una semplice unione civile. L’altra avere un figlio o una figlia, che pensavo sicuramente è una esperienza fortissima, totalizzante. Lì mi sono detto che probabilmente se fossi morto senza provare l’esperienza di essere padre me ne sarei pentito.

Quindi il volo degli albatros nella tappa di Capo horn mi ha permesso di sposarmi. Anche se non lo sono più, per le mie grandissime doti caratteriali che non sono state certo di aiuto nei momenti di difficoltà di coppia. Ma mi ha permesso anche di decidere di diventare padre. Ho una figlia stupenda che compie gli anni proprio oggi” dice con orgoglio Marco Nannini.
Qual’è una lezione che hai imparato come leader, se c’è?
“Le cose che ho imparato come leader, devo dire, le ho imparate a posteriori, non mentre accadevano. Va detto come riconoscimento per tutti coloro che sono stati parte di un mio team in varie situazioni. Ho imparato che dovrei essere più bravo a riconoscere e conoscere i limiti di ogni membro del team. Oggi so, che come io ho dei limiti, anche gli altri ne hanno.

Ho capito che devo saper riconoscere i limiti, apprezzare ciascuno e dare loro il giusto spazio per far funzionare meglio il team. Non sto dicendo che quando sono stato leader sono sempre stato capace di farlo. Credo di esserne stato capace in banca, dove ritengo avessi buone doti di management di un team.

Fino a un certo punto della vita ero Marco Nannini che faceva un certo lavoro ed aveva dati hobby. Lo vedo in molte altre persone la cui identità non è particolarmente forte, quello che facciamo ci rappresenta. Ciò che mi ha lasciato fare il giro del mondo è che quando mi sveglio sono Marco Nannini, punto. Quello che faccio in quel momento è da un certo di punto di vista irrilevante. Perché posso essere disoccupato, imprenditore, velista, scrittore, padre ma sono comunque Marco Nannini”.
Alleggeriamo ora un po’ l’intervista, ma una curiosità, come hai fatto a dimagrire 30 chili in un anno?
“Ho scoperto che basta mangiare di meno, ci vuole forza di volontà. Io ne ho tantissima, quando mi metto in testa una cosa, riesco a perseguirla con una visione a tunnel. Caratteristica che è proprio tipica del segno del Toro. E’ un vincolo pazzesco nella vita con gli altri, nella società, nella socializzazione. Ma in alcune situazioni è un vantaggio enorme. Mi permette di abbassare la testa e fare una cosa senza pensare ad assolutamente nient’altro” specifica Marco Nannini.

Quindi grazie a questo controllo quando sei in barca quando dici non voglio aver paura, e non hai paura?
“No, quello è impossibile, la paura non è un elemento incanalabile secondo la visione a tunnel del mio segno zodiacale. Venendo dal risk management, farei questa distinzione. Ovvero, esistono dei rischi che sono controllabili e riducibili. Per tutti questi bisogna prepararsi per ridurli e controllarli. Per tutti quelli che non sono eliminabili, bisogna imparare a conviverci ed accettarli. Io non amo tanto definirla paura anche se la parola non è sbagliata.
La definisco più apprensione perché so che c’è un rischio residuo che non potevo eliminare, devo conviverci, e sono in uno stato di apprensione. Durante il giro del mondo, vivevo praticamente in due stati, quello della noia e quello dell’apprensione. La sensazione di elazione e felicità dopo la partenza dura pochi giorni, e quando finisce la regata è ancora molto lunga. Vivevo fra la noia e la voglia di arrivare, e l’apprensione di spaccare qualcosa e non farcela e non arrivare” conclude Marco Nannini.

Il resto dell’intervista a Marco Nannini per Velisti in Facebook.
Qui il video completo dell’intervista tenuta da Gianni Tex Tessaro di Velisti in Facebook. L’intervista copriva ancora alcune domande sulla scuola di vela gestita da Marco Nannini dal 2013 al 2018 dopo il suo giro del mondo. Il Centro Italiano Vela d’Altura è stato il polo numero uno per numero di Mini 650 del Mediterraneo. Oggi, per motivi logistico-familiari Marco Nannini è stato costretto a chiuderlo senza riuscire a passare il testimone ad altri.

La scuola di vela gestita è stata l’occasione per Marco Nannini di affinare gli aspetti didattici della vela. Imparando così ad insegnare ciò che aveva appreso sulla sua pelle e trasferirlo ai suoi allievi. Oggi, fra le altre cose, è Direttore Responsabile di questo sito di cui Margherita Pelaschier è Editore.
Il sito contiene moltissimi articoli didattici, con contenuti sulla tecnica e l’andare in barca. Molti di questi contenuti sono la trasposizione di lezioni che venivano tenute dalla scuola di vela. Sopratutto, per i contenuti tecnici, dall’esperienza maturata da Marco Nannini al giro del mondo.