Matteo Miceli, il navigatore ed avventuroso a zero emissioni

Con voce calma e fare pacato ma con la fiamma dell’avventura che brucia dentro, Matteo Miceli è uno dei navigatori italiani più eclettici. Dal windsurf ai record sui catamarani, da venditore e costruttore di barche a capitano di un veliero d’epoca, al giro del mondo in solitario. Ma anche il volo in parapendio e i giri in bicicletta, quello più lungo da Calcutta a Kathmandu seguito poi dalla scalata dell’Everest. Il leitmotiv è l’avventura, ricercata come sfida ai propri limiti e come impresa che rinnova e stravolge la vita.

“L’avventura non è fuori dall’uomo, è dentro.” (David Grayson)

Velisti italiani - Matteo Miceli - primo piano
Navigatori italiani – Matteo Miceli

Matteo Miceli e il mare, un amore precoce

Il primo contatto di Matteo con la vela è precocissimo: “A soli tre anni, mio papà ha acquistato un Flying Junior per portarci in mare. Terzo di quattro figli, ci hanno buttati tutti in piscina fin dalla nascita e tutti abbiamo fatto agonismo di nuoto. La mia passione si allarga alla vela per il piacere e la volontà di seguire mio papà che usciva in barca quasi tutti i giorni. Navigavamo davanti al lido di Ostia con altri ragazzi finché vedevamo la costa lontana: questo è stata il mio inizio.

“Non si può scoprire nuovi oceani se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva.” (Andrè Gide)

Velisti italiani - Matteo Miceli e la pallanuoto - Archivio
Matteo Miceli e la pallanuoto

Matteo Miceli: L’infanzia sul surf e windsurf

Faccio il mio primo corso di vela a sei anni alla Lega Navale di Ostia e poi provo anche surf da onda e windsurf. Ho le mie prime esperienze di costruttore: realizzo le mie tavole per passare l’estate surfando le onde nel Golfo di Biscaglia a Biarritz. La mia infanzia la trascorro più sul windsurf e sul surf da onda: mi sentivo più surfista che altro.

Una volta diplomato come odontotecnico, l’idea di fare quel lavoro non mi piace allora seguo la mia seconda passione: costruire le barche. Oltre alla costruzione di tavole da surf, sono appassionato di auto d’epoca: a soli 18 anni restauro un Maggiolone Cabrio, una Topolino e tante altre.

L’avventura da costruttore al Cantiere D’Este

La manualità non mi manca e provo a cercare lavoro nei cantieri navali. Mi apre le porte il cantiere D’Este che sta costruendo la sua prima barca da regata: l’Este 35’. Mi promuovono subito a capo cantiere, è una delle prime barche realizzate con la tecnologia del sottovuoto, in kevlar, nessuno le sa costruire.

Velisti italiani - Matteo Miceli in cantiere
Matteo Miceli in cantiere

Quindi mi trovo a gestire tutta la costruzione con tanto entusiasmo e con tanta passione e “nasce” la mia prima “Bambina”. Con quella barca vedo il mio primo Atlantico, faccio tante regate, in doppio o in equipaggio con altri navigatori italiani. Ancora oggi ha lo stesso proprietario ed è ormeggiata vicino alla mia barca attuale e mi ricorda tante avventure vissute insieme.

Non andare dove il sentiero ti può portare; vai invece dove il sentiero non c’è ancora e lascia dietro di te una traccia. (Ralph Waldo Emerson)

Tante esperienze e poi di nuovo al Cantiere D’Este come proprietario

Dopo l’esperienza come operaio del cantiere, mi sono allontanato per provare a crearmi un lavoro autonomo. Per tanti anni ho fatto l’istruttore alla Lega navale di Roma dove ho conosciuto tanti navigatori italiani e l’istruttore di patenti nautiche. Ho avuto una società di charter per più di dodici anni e mi dedicavo anche alla vendita dei Jeanneau e dei catamarani Lagoon.

Ho venduto più di duecento barche nella mia vita: spesso gli armatori mi chiedevano di fare delle manutenzioni. La mia rotta mi ha ricondotto allora di nuovo al cantiere D’Este, ma non più da operaio ma come proprietario di metà cantiere. In quel periodo costruisco un piccolo catamarano e penso di costruire un Open 40.

Matteo Miceli: La passione per navigare supera quella di costruire

Il mio nuovo ruolo però comporta tanti pensieri, tanti investimenti, la responsabilità di tanti operai e le manutenzioni del cantiere. È una fatica enorme che mi assorbe completamente e scopro che navigare è la cosa più bella. Questa passione sorpassa la volontà di avere il cantiere: è troppo bello fare miglia, fare avventure, navigare più che costruire.

Velisti italiani - Matteo Miceli - su catamarno sportivo
Navigatori italiani – Matteo Miceli – su catamarno sportivo

Lasciato le mie quote al mio socio con un po’ rammarico perché comunque è la mia storia: da operaio a proprietario dello stesso cantiere. Seguo la mia natura: so che è parte della mia vita fare scelte sempre nuove, sempre diverse.

“Colui che segue la folla non andrà mai più lontano della folla. Colui che va da solo sarà più probabile che si troverà in luoghi dove nessuno è mai arrivato.” (Albert Einstein)

Matteo Miceli e Andrea Gancia, il record

Mentre lavoro in cantiere, continuo a fare varie esperienze di regate lunghe e transatlantiche con altri navigatori italiani e stranieri. Nel 2002 faccio una traversata atlantica con Dudi Coletti e a bordo con lui c’è Andrea Gancia, reduce della Ostar su un Open 50’.

Trovo subito un’intesa con Andrea che aveva fatto anche la Mini Transat e pensiamo di battere il record di traversata atlantica in doppio. La barca ideale è un piccolo catamarano di 6 m e io dopo l’Optimist avevo già navigato sull’Hobie Cat 16. Esce la frase: “che ce vò, ce penso io…”, in romanaccio stretto, e per me veramente non era difficile costruire un catamarano.

Il primo tentativo di record: Dakar – Guadalupe

Appena tornati a terra, contatto un giovane progettista spagnolo e costruiamo il catamarano: dopo un anno, nel 2004 arriviamo di corsa a Dakar. Per fare il miglior tempo, traversata atlantica si corre sul percorso Dakar – Guadalupe e bisogna attendere l’arrivo dell’Aliseo forte e costante.

Velisti italiani - il naufragio
Matteo Miceli – Il naufragio

Partiamo contenti per questa avventura ma spacchiamo subito i timoni: l’unica cosa che non avevamo costruito e facciamo un atterraggio di fortuna. Le nostre speranze di essere velisti da record naufragano e torniamo sconfitti. Non ci arrendiamo: l’anno dopo costruiamo i timoni e ritentiamo di battere i quindici giorni che a quel tempo era il miglior tempo.

“Io sono tormentato da un’ansia continua per le cose lontane. Mi piace navigare su mari proibiti e scendere su coste barbare.” (Herman Melville)

Matteo Miceli: secondo tentativo: è una vittoria!

Portiamo la barca a Dakar a fine novembre, ma non riusciamo a partire prima del 27 dicembre dicembre perché l’aliseo ritarda sempre.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Archivio
Matteo Miceli – Archivio

Un meteorologo ci segue giorno per giorno con un satellitare: abbiamo preparato la barca con il minimo necessario. Carichiamo a bordo l’acqua, un piccolo dissalatore manuale per le emergenze, il cibo, le dotazioni d’emergenza, il satellitare e il vhf.

Non è facile vivere su un piccolo catamarano di 20 piedi: la barca è sempre spazzata dalle onde. Noi dobbiamo per forza indossare sempre le cerate stagne con vari strati di pile all’interno per non essere bagnati. Soffriamo un po’ il caldo di giorno e sentiamo umidità e freddo la notte ma l’importante è mantenersi asciutti. Per andare in bagno dobbiamo proprio fermare la barca per non rischiare di bagnare i sotto strati altrimenti poi era un problema.

Velisti italiani - Matteo Miceli su Biondina nera
Navigatori italiani – Matteo Miceli su Biondina nera

Riguardo all’alimentazione, nel primo tentativo di record abbiamo portato solo barrette ma a me non piacciono e stufano. Per il secondo, non potendo comunque accendere un gas, scegliamo cibi come riso disidratato da preparare in acqua fredda, scatolette, frutta secca e carne secca. Prestiamo molta attenzione ad assumere la giusta quantità d’acqua: a bordo imbarchiamo tre litri al giorno per venti giorni.

Arriviamo in Guadalupe in tredici giorni e tredici ore e conquistiamo un nuovo record: buona la seconda, è una vittoria.

“La vita è la più bella delle avventure ma solo l’avventuriero la scopre.” (G.K. Chesterton)

Matteo Miceli, l’Atlantico in solitario

Nel 2007 non soddisfatto di un solo record mi lancio in una nuova avventura: voglio battere il tempo dell’amico Alessandro Di Benedetto. Ha da poco fatto la traversata atlantica in solitario su un catamarano sul percorso Canarie – Guadalupe.

Velisti italiani - Matteo Miceli e il record in solitaria
Matteo Miceli e il record in solitaria

Apporto alcune modifiche a Biondina nera: cambio la superficie velica, abbasso l’albero a nove metri e metto un carrellino sulla randa per scaricarla sui groppi.

Parto dalle Canarie dopo aver aspettato l’Aliseo per tanti giorni e anche il fratello di Alessandro. Francesco Di Benedetto voleva provare a migliorare i tempi del fratello su un catamarano di serie, un Tornado.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Recod in solitaria su Biondina nera
Matteo Miceli – Recod in solitaria su Biondina nera

L’unica strategia possibile per battere un tornado, barca più performante, è cercare un aliseo molto forte. Parto il 29 dicembre in un aliseo esagerato con 40 nodi di poppa quasi a secco di vele. Mi lancio verso sud non per battere il record di Alessandro che era di ventinove giorni ma per non farmi sorpassare da Francesco.

Con la paura di vanificare il record e il fiato sul collo spingo al massimo la barca. Ho montato un imbuto, un retriever a prua per il gennaker per cui riesco ad invelare bene e fare un’ottima performance. In soli 14 giorni e 17 ore compio la traversata fino a Guadalupe e ottengo il record in solitario ancora imbattuto ad oggi.

Lo studio del sonno per ottenere maggiori performance

Rispetto al primo record in doppio con Gancia, ho impiegato due anni per prepararmi al meglio, curando soprattutto l’aspetto del sonno. Affiancato da  Claudio Stampi, professore di cronobiologia ho imparato a dormire a comando, a piccole fasi e a recuperare le energie. Sono arrivato meno stremato in solitario che in doppio due anni prima, grazie al lavoro sul riposo. Riuscivo a riposare per venti minuti ogni tre ore addormentandomi rapidamente e rispettavo un calo fisiologico di un’ora e un quarto.

Gestione del sonno - l'importanza di dormire per l'efficienza
Gestione del sonno – l’importanza di dormire per l’efficienza

In totale dedicavo cinque ore al mio riposo e sono riuscito a gestire bene le energie. Vedo in alcune regate lunghe alcuni navigatori italiani o stranieri che arrivano stremati e alla fine, quando vedono la costa, si addormentano. Con il catamarano il pericolo più grande è scuffiare: non posso permettermi di avere un calo simile e mettere a repentaglio la mia vita.

L’euforia è durata qualche giorno e poi pensavo già a qualche altra impresa: la molla che mi spinge è ideare le avventure.

“L’avventura permette che accada l’inaspettato.” (Richard Aldington)

Matteo Miceli e l’avventura dell’Open40

Non avendo dedicato la mia vita alla professione del velista non ho mai voluto dedicarmi soltanto alla vela, come altri navigatori italiani. Ho sempre lasciato spazio alla mia professione anche di costruttore: mi piaceva unire la sfida e una barca che mi sono costruito da solo.

In quegli anni Giovanni Soldini ha appena costruito un Class40, senza canting keel né albero rotante, a detta di tutti una barca inaffondabile.

Velisti italiani - Matteo Miceli
Matteo Miceli

Si crea una classe ammessa anche a grandi regate internazionali come Jacques Vabre e Route du Rhum.

Mi fa pensare subito al piacere di costruire una barca solida ma al contempo di pensare ad un’avventura diversa. Sto ancora lavorando al Cantiere D’Este  e pensavo di far diventare il nostro Class40 una barca di serie.

La barca però risulta troppo costosa rispetto alle barche commerciali: nel 2008 c’è crisi e non riusciamo a farla decollare. Non è stata capita, non c’erano tanti italiani interessati alla Class40 in Mediterraneo.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Il primo ESTE40
Matteo Miceli – Il primo ESTE40

Mi sono demoralizzato e anche per questa ragione ho maturato la decisione di lasciare il cantiere.

L’avventura di per se stessa vale la pena. (Amelia Earhart)

Matteo Miceli: l’avventura da comandante di Vanity

Per cinque anni tra il 2009 e 2014 divento comandante di una bellissima barca d’epoca, di Coppa America, il 12m stazza internazionale, Vanity.

Mi ha appassionato tanto: abbiamo fatto tante regate per le barche d’epoca in Mediterraneo, anche il Mondiale a Barcellona. È stata una barca che mi ha insegnato tanto: quando eravamo in equipaggio eravamo in diciotto, italiani e stranieri, ma di equipaggio due.

Velisti italiani - Matteo Miceli
Matteo Miceli

Quando sta per iniziare la mia avventura con l’Open 40 vogliono portare la barca in Danimarca dove c’è già una flotta di quindici 12 m. Io decido di non perseguire quest’avventura da comandante per il freddo danese e per non trasferirmi da Riva di Traiano.

“Un avventuriero è colui che fa sì che un’avventura accada” (Guy Debord)

La Roma Ocean World

Ad ottobre 2014 Matteo Miceli compie una grande impresa non solo sportiva ma anche un’esperimento di totale autosufficienza in navigazione.

Precursore del rispetto per l’ambiente, alla ribalta negli ultimi anni, ha scelto per un giro del mondo in solitario e da record una barca a zero emissioni.

Velisti italiani - Matteo Miceli - L'orto a bordo di Eco40
Matteo Miceli – L’orto a bordo di Eco40

“La mia impresa più che futuristica è un ritorno al passato, anche gli antichi navigatori viaggiavano con gli animali a bordo e l’orto a poppa. Sono un precursore nell’era moderna ma non ho inventato niente nella navigazione. Vorrei che altri velisti e navigatori italiani pensassero a barche green e a zero emissioni, potrebbe essere la soluzione a tanti problemi di inquinamento.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Il progetto Eco40
Matteo Miceli – Il progetto Eco40

Roma Ocean World: il mio concetto era fare un Giro del mondo senza scalo, senza assistenza con partenza da Roma e ritorno nella stessa città. Naturalmente pensavo anche ad un record di velocità riconosciuto dal World Speed Sailing Record Council abbinato al giro del mondo.

Navigare e vivere autosufficienti in mare

Nella mia avventura ho aggiungo anche il fattore autosufficienza: la barca è indipendente grazie a motore elettrico, pannelli solari, generatori eolici ed idro-turbine. Questo impianto green e il motore elettrico sono in grado di alimentare tutti i servizi di bordo senza ricorrere a combustibili fossili.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Pesca grossa durante il giro del mondo
Matteo Miceli – Pesca grossa durante il giro del mondo

Non ho portato degli alimenti da terra, con la velleità di dimostrare che si può vivere autosufficienti in mare. L’Università di Napoli mi ha aiutato a costruire un orto all’interno, basculante e riscaldato e ho portato due galline le famose “Mora” e “Bionda”.

Velisti italiani - Matteo Miceli e la bionda
Matteo Miceli e la bionda

Un dissalatore assicurava l’acqua potabile e grazie ad un piccolo congelatore la mia pesca prodigiosa mi offriva la sussistenza. Si pensa che a quelle velocità sia difficile pescare invece ogni volta che lanciavo l’esca abboccava un pesce. Abbattevo il pesce nel congelatore e poi lo mangiavo cucinato in una padella elettrica; le galline facevano un uovo al giorno, mi mancavano i carboidrati.

Proteine si, carboidrati no

L’orto in navigazione non ha funzionato per un problema di consumo elettrico: un irraggiamento artificiale con luci a led doveva assicurare la fotosintesi clorofilliana.

Le luci rischiavano di compromettere l’autonomia elettrica e ho optato per spegnerle, proseguendo con una scorta d’emergenza di germogli che crescevano in qualche giorno all’ombra.

Velisti italiani - Matteo Miceli prima della partenza del giro del mondo in solitaria
Matteo Miceli prima della partenza del giro del mondo in solitaria

Avevo dei liofilizzati d’emergenza, ma non avendo portato niente da terra non avevo un caffè la mattina, cracker, un piatto di pasta. Impensabile per qualche italiano, inoltre con questo regime alimentare sono dimagrito trenta chili.

La “Bionda” è morta nell’estremo sud forse a causa del cambio di temperatura, da 30 a 4 gradi di temperatura. Così ho usato per me le sue porzioni di grano: l’ho bollito e macinato e mi ha aiutato nell’alimentazione soprattutto nei climi freddi.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Le uova della Bionda e La Mora
Matteo Miceli – Le uova della Bionda e La Mora

Per me è stato un’esperimento interessante, anche studi della Nasa ne parlano, le galline tengono la testa dritta, non hanno mai sofferto il mare.

Problemi tecnici durante la Roma Ocean World

Le difficoltà e i logorii sono stati tanti: ho rotto il bompresso uscito da Gibilterra. Dopo tre giorni dalla partenza ho preso una depressione forte e ho avuto problemi con il pilota automatico.

Velisti italiani - Matteo Miceli - La cuccetta di Eco40
Matteo Miceli – La cuccetta di Eco40

Tanti problemi che ho sempre risolto grazie alla mia esperienza di costruzione oltre che di velista. Un grazie al team di terra: avevo tre persone di emergenza che mi hanno sempre seguito per i miei problemi quotidiani.

La rottura delle boccole del timone

Il problema più brutto a dicembre nell’Oceano Indiano è stato la rottura delle boccole del timone. I cuscinetti delle boccole si sono sfilati e i due timoni ballavano nella loro sede, nella losca del timone.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Intervista con la rai durante il giro del mondo
Matteo Miceli – Intervista con la rai durante il giro del mondo

Non avevo materiale adatto a ricostruire, però dal timone di rispetto, su quell’asse ho fatto tanti giri, ho laminato e così sono riuscito a ripartire. È stato un lavoro davvero faticoso e con le condizioni meteorologiche dell’estremo sud molto impegnativo.

La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare. (Karen Blixen)

Il problema alla chiglia e il naufragio

Sempre nell’Indiano ho preso un brutto cavo sulla chiglia ma c’era tanto mare e planavo su queste onde enormi: mi sarebbe stato impossibile tuffarmi. Se orzavo per fermarmi alla cappa avrei rischiato di spezzare uno dei due timoni, quindi navigavo dritto.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Da Capo buona speranza a capo Horn
Matteo Miceli – Da Capo buona speranza a capo Horn

Sono riuscito a tagliare il cavo che è esploso via e ho proseguito tranquillo, agevolato nelle manovre. Non sapevo però che da quel giorno avevo una piattaforma inerziale, cioè un rilevamento di movimento che mi aveva dato l’Università di Ingegneria di Roma.

Il movimento purtroppo era dovuto da un movimento anomalo della chiglia: ho proseguito ignaro di tutto. Sentivo un contraccolpo dentro la barca e immaginavo fossero i timoni che si muovevano nella loro boccola e invece era la chiglia.

Velisti italiani - Matteo Miceli - La prima barba durante il giro del mondo
Matteo Miceli – La prima barba durante il giro del mondo

Dopo Capo Horn ho fatto un bagno e si vedeva un piccolo movimento nella chiglia ma mi sembrava tutto normale. Invece a metà dell’Atlantico salendo di bolina larga mi si è sfilata la chiglia e la barca si è rovesciata.

Aria di casa e vittoria: i giri del destino

Velisti italiani - Matteo Miceli - Giro del mondo raggiunto - Ma poi il naufragio
Matteo Miceli – Giro del mondo raggiunto – Ma poi il naufragio

Mancavano sole 4000 miglia all’arrivo a Roma, stavo già organizzando una festa e mi sentivo quasi a casa, tanti amici mi aspettavano. Avevamo anche preso anche un gallo, il “Groppo” per la “Mora” perché si sistemasse e accasasse dopo questa impresa.

Velisti italiani - Matteo Miceli durante il soccorso al giro del mondo
Matteo Miceli durante il soccorso al giro del mondo

Il naufragio è stato l’avventura nell’avventura: ma avendone già vissuto uno nel 2010 con Tullio Picciolini mi ero preparato molto bene.

Matteo Miceli: la sicurezza nell’emergenza

Avevo organizzato nel dettaglio e studiato tutta la procedura di sicurezza: tutto ha funzionato al meglio dalla comunicazione, all’autogonfiabile, all’arrivo della nave.

Avevo concordato con il team a terra di non preoccuparsi se non chiamavo ma se accendevo l’EPIRB significava che era in emergenza e chiedevo aiuto. Sapevo che la nave avrebbe tratto in salvo solo me: ho messo un tracker sull’elica della barca per riuscire a recuperarla in seguito.

Velisti italiani - Matteo Miceli - Le prime foto del recupero di Eco40
Matteo Miceli – Le prime foto del recupero di Eco40

“Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare… Ma soprattutto: il mare chiama… Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole… Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti… Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.” (Alessandro Baricco)

Eco40 torna a casa, in Italia

Al secondo tentativo sono riuscito a recuperare la mia Eco40 e l’ho riparata con la volontà di vederla navigare di nuovo. Tutti gli sponsor tecnici mi hanno aiutato a ripristinare i pannelli solari, il motore elettrico e tutta l’elettronica.

Velisti italiani - Matteo Miceli - il recupero di Eco40
Matteo Miceli – il recupero di Eco40

In Francia ho trovato un albero di seconda mano che poteva servire alla barca e ho investito gli ultimi risparmi per comprarlo. Sono riuscito a risistemarla, ho fatto un esame ultrasuoni e abbiamo ri-progettato la chiglia con un bulbo tutto nuovo.

Velisti italiani - Matteo Miceli a bordo dell'Eco40
Matteo Miceli a bordo dell’Eco40

La barca è da un anno e mezzo che naviga: è stata una gioia recuperare una compagna d’avventura così speciale e fedele. “Tre capi non bastano” come dice il titolo del mio libro, la prossima avventura sarà riprovarci?

Velisti italiani - Matteo Miceli - Tre capi non bastano
Matteo Miceli – Tre capi non bastano

Matteo e Corinna: una coppia avventurosa ad impatto zero

Come Moitessier, Matteo trova una compagna di terra che è diventata una grande donna di mare, accompagnandolo e trascinandolo in nuove avventure, fino a Capo Horn.  Oggi sono sposati. Condividono la filosofia del poco consumismo sia a terra dove coltivano un orto ed hanno un pollaio vicino casa, sia in mare su Eco40. Un’altra donna importante nella vita di Matteo è la sorella minore Martina che ha fatto e vinto le Olimpiadi nella pallanuoto femminile.