Simone Bianchetti: il navigatore, il poeta, e la crepa nel cuore

Velisti italiani – Simone Bianchetti in regata col sestante!

Simone Bianchetti è uno tra i navigatori italiani più amati e tormentati dei nostri tempi. Tutte le sue barche, la ricerca estenuante dell’unione con l’Oceano, il mito di Capo Horn da inseguire: una vita sfidando i propri limiti. Con una crepa nel cuore: difficoltà continue che hanno sollecitano un animo sensibile che soffriva, si struggeva e alla fine si è spezzato.

Ci lascia prematuramente e non riesce a raccogliere i frutti dei suoi sforzi, “sarebbe diventato un eroe dei mari”, anche per Cino Ricci, suo mentore. “Avrebbe dovuto nascere trentanni prima così sarebbe stato uno scopritore, per compiere imprese che gli altri non avevano mai fatto, era quello che voleva.”

Velisti italiani - Cino Ricci e Simone Bianchetti
Cino Ricci e Simone Bianchetti

Simone Bianchetti e la crepa nel cuore

“Non sapeva, lui che apriva il suo cuore all’aria aperta, che non rispettava altra legge al mondo se non la buona legge di natura. Lui che lasciava scorrere le proprie passioni per i loro pendii, e in cui il lago delle grandi emozioni era sempre a secco, poiché vi apriva egli ogni mattina larghi e nuovi canali. Non sapeva con quale furia questo mare di passioni umane fermenta e ribolle quando sia impedito a qualunque uscita. Come si ammassa, come si gonfia, come deborda, come scava il cuore, come scoppia in singhiozzi interni e in sorde convulsioni. Fino a che non abbia rotto le dighe e aperto una crepa nel suo letto.” (Victor Hugo)

Le prime barche di Simone Bianchetti

Simone come amava dire lui nella passione per il mare ci era caduto dentro come Obelix nella pozione magica. Fin da ragazzo quando ancora frequentava l’Istituto Nautico di Cesenatico usava la sua barca come mezzo di trasporto principale. Aveva convinto i genitori a comprargli una vecchia barca, uno sloop in legno di sei metri, “Penelope”. Un nome e una promessa: come per Ulisse anche per Simone stare in mare e in barca era un ritorno a casa.

Nello splendido libro “I colori dell’oceano”, scritto a quattro mani con il giornalista e scrittore Fabio Pozzo, racconta la sua vita. “Volevo stare solo con la mia barca che mi riempiva dentro, cullato dal rumore del legno. Allora partivo davvero, per mari e isole lontane”, scriveva Simone.

Velisti italiani - Fabio Pozzo - Simone Bianchetti - I colori dell'oceano
Fabio Pozzo – Simone Bianchetti – I colori dell’oceano

Nel fine settimana navigava da solo fino a Rimini o Bellaria e leggeva grandi autori, da lì nasce la sua seconda passione: la poesia. “Penelope” presto lo tradisce e si insabbia vicino al porto di casa, il primo amore si perde: una piccola crepa.

Simone Bianchetti: Nonsisamai e il Condor Team

Simone non si scoraggia e poi “gli piaceva stare in mare e navigare: quando arrivava non vedeva l’ora di andar via.” Racconta Cino Ricci mentore e sostenitore di tanti velisti italiani nel corso della sua lunga carriera. “Ce l’aveva proprio addosso questa fame di avventura più che di mare ma era nato in mare e marinaio, l’avventura la cercava lì”.

A soli sedici anni, compra un’altra barca, il 10 metri “Attax”, progetto Peter Norlin, quarta classe IOR, con cui inizia a regatare.

“Al mio ventiduesimo compleanno ho acquistato il Condor Nonsisamai, un ULDB di 50 piedi del ’88, disegnato da Roberto Starkel.  È stato il mio secondo amore: che barca, l’ho corteggiata, l’ho aspettata finché non è diventata mia. Quando sono uscito dal porto di Lignano per portarla a Ravenna, mi è sembrato di non toccare l’acqua nemmeno con la chiglia. Guardavo la trinchetta gonfiarsi sotto le raffiche e la felicità mi traboccava nel cuore.”

Velisti italiani - Simone Bianchetti in pozzetto
Simone Bianchetti in pozzetto

Simone insieme ad altri amici velisti italiani partecipano a tutte le competizioni in Adriatico, naturalmente il cavallo di battaglia solo le regate “lunghe”. Il “Condor Club”, come chiama il suo team, spesso primeggia nella Rimini-Corfù-Rimini, nella Rovigno-Pesaro-Rovigno e nella 500×2. “Prendevamo molto sul serio le regate, le preparavamo con grande meticolosità, discutevamo su tutto, dalle strategie d’attacco sotto boa alle modifiche da apportare allo scafo.”

Bianchetti completa la sua formazione al collegio navale di Venezia, Giorgio Cini e si arruola per due anni in Marina. Ma il suo tarlo fisso è “il giro del mondo, un pensiero che stava cominciando a rosicchiarmi l’anima.”

Simone bianchetti e Il BOC Challenge

Decide di partecipare al BOC Challenge, giro del mondo in solitario a tappe che parte il 17 settembre 1994 da Charleston. “Nella vita viene il momento in cui devi partire; sono momenti precisi, unici, magici, attendere oltre potrebbe rivelarsi deleterio. Senti che devi farlo, a prescindere dai soldi e dalle difficoltà organizzative, degli affetti e degli amori.” Prepara la barca con poche risorse e molta volontà al Pier 12, il cantiere di Dondo Ballanti, numero Tre di Azzurra. In contemporanea cerca uno sponsor, “una caccia alla balena bianca, estenuante e, a volte umiliante, ma io volevo partire”.

Velisti italiani - Simone Bianchetti poeta tormentato
Simone Bianchetti poeta tormentato

E ce la fa: la barca è sempre il Nonsisamai ma rivoluziona il sistema delle sartie volanti, crea paratie stagne e rinforza lo scafo. In onore della sua città e avendo come sponsor solo degli imprenditori locali che credono nel suo sogno, la chiama Town of Cervia. Naviga in Mediterraneo con amici velisti italiani a bordo e attraversa l’Atlantico in solitario. Memorabili gli incontri con Soldini che partecipa anche lui su Kodak al BOC. Si incrociano a sud delle Bermuda per un “caffè” in navigazione e collegamento via radio e Soldini esce a Charleston per scortarlo in banchina. Un gesto di solidarietà ed amicizia tra due grandi navigatori italiani e uomini di mare.

Il debito di tempo e le continue difficoltà

“Il mio BOC Challenge comincia in debito di tempo”, scrive Bianchetti, fin dalla partenza da Cervia impiega due mesi per raggiungere le coste americane. Alla partenza quando ormai pensa di lasciarsi dietro i problemi per concentrarsi e godersi la navigazione oceanica, un altro imprevisto.
“Sono partito, sono entusiasta ma il mio impeto si spegne presto: scendo sotto coperta e il mare entra dai perni della chiglia”. Durante l’alaggio della barca a Charleston, una manovra poco delicata ha schiacciato il sandwich nella zona della chiglia. Dopo due giorni di lavoro riparte per la regata ma lo abbandona il suo “sponsor morale”, la sua tenacia.

La crepa non è solo nella chiglia della barca ma anche nel cuore del navigatore italiano. Questi continui imprevisti, la corsa contro il tempo lo estenuano.

Velisti italiani - Simone Bianchetti festeggia
Simone Bianchetti in banchina

Taglia per la prima volta la linea dell’Equatore, in quinta posizione, grazie a cambi di vele e dormendo pochissimo per avanzare verso sud. Ma si accorge di una delaminazione sulla prua, imbarca di nuovo acqua e punta verso Joao Pessoa, sulla punta ad est del Brasile. Altri due giorni di lavori forzati, rubati alla navigazione e il navigatore italiano riparte verso le 3000 miglia mancanti all’arrivo.

La solitudine, le difficoltà, esaltano il valore di un abbraccio

Si spinge ancora a sud e una burrasca l’attende: “la vita vista da queste latitudini acquista importanza. La solitudine, le difficoltà, esaltano il valore di un abbraccio, di una parola, di una stretta di mano. Diventi consapevole di ciò che è essenziale e distingui quel che è superfluo, forse riesci ad entrare in contatto con il gran mistero della vita.”

La barca ricomincia a imbarcare acqua ma arriva a Città del Capo dopo 69 giorni, ottavo di classe. Non si riposa Simone: mette la barca in cantiere ma i lavori proseguono lentamente e senza passione. Inoltre una veleria minaccia di sequestrargli la barca se non salda i conti.

Velisti italiani - Simone Bianchetti con i colori di Tiscali
Simone Bianchetti con i colori di Tiscali

“I problemi che si incontrano in mare sono veramente poca cosa rispetto a quelli che si ha la sventura di affrontare a terra. Quando sono in mezzo all’oceano devo solo preoccuparmi di navigare in sintonia con la mia barca. In banchina invece devo misurarmi con infinite difficoltà che mi sfiancano e mi amareggiano: meglio le tempeste.”

Simone Bianchetti: Il sipario si chiude

Riparte la seconda tappa, la più dura, verso 7000 miglia di Oceano Indiano nei 40 ruggenti e 50 urlanti. Tanti navigatori italiani hanno sognato questa meta e Simone ci è arrivato, non vuole mollare proprio ora. Bianchetti lascia Città del Capo con un ritardo di cinque giorni consentito dal regolamento, ma dopo 60 miglia la sentina si allaga di nuovo. I lavori sono stati vani: c’è una brutta crepa tra la chiglia e lo scafo, si fa trainare a terra. Il Comitato di Regata decide che non potrà ritornare in regata.

“Il verdetto è una condanna morte, adesso si che è veramente finita sono costretto a ritirarmi. Le vele ammainate sono un sipario che si chiude sulla mia vita, fine dello spettacolo.”

Simone Bianchetti: ripara la barca ma mai il cuore

La crepa nel suo cuore penetra in profondità, spacca, sgretola: anche il suo secondo amore non può mantenere la promessa di fargli vivere il sogno. Questo momento della vita di Bianchetti lo segna a vita, ripara la barca ma mai il cuore.

Town of Cervia viene confiscata a causa dei debiti, Simone vive per tre settimane come un barbone. Si lascia andare a quella che lui definisce “una macchia nera nel cervello” che gli impedisce di vedere un domani. L’affetto di una ragazza di colore che conosce sul posto e l’appoggio economico di altri italiani di Città del Capo lo aiutano a ripartire.

Nella navigazione verso l’Europa, tocca Sant’Elena e poi Ascension, dove facendo il pescatore ritrova se stesso. “Per la prima volta dopo tanto tempo vedo uno spiraglio di luce, ritrovo la voglia di vivere.” Riesce a ritornare in Italia e l’accoglienza calorosa gli dà la forza di ricominciare: per tanti amanti della vela Bianchetti è già una leggenda.

Simone Bianchetti alla Mini Transat

“Sono di nuovo me stesso e voglio capire se le rotte oceaniche e i venti fanno veramente parte della mia vita. Ecco perché decido di partecipare alla Mini Transat”, nel 1995 Bianchetti vuole rimettersi in gioco ma deve trovare una barca. Si rivolge ai fratelli Ricci Renato e Cino che hanno un prototipo di Mini 6,50 costruito in Italia in fibre high tech. Acconsentono, Cino tra i navigatori italiani ha un debole per Simone.

Velisti italiani - Simone Bianchetti e Cino Ricci
Simone Bianchetti e Cino Ricci

“L’ho conosciuto bene, veniva sempre a chiedermi se o come doveva fare una cosa. Lui mi coinvolgeva nelle sue avventure e sono contento di averlo aiutato perché aveva le capacità e meritava di fare quelle esperienze.” Bianchetti trasferisce il Mini Transat in Bretagna: inizia a respirare la vera nautica d’altura. Conosce velisti come Olivier de Kersauson, Thierry Dubois e Bernard Stamm. Il percorso della Mini Transat prevedeva partenza da Brest, sosta a Madeira e arrivo in Martinica, a Fort-de-France.

La partenza inizia con una depressione importante, raffiche di 20-25 nodi che raggiungono i 50. Simone affronta bene i primi giorni di navigazione finché si blocca il timone. Una gomena si è arrotolata intorno all’appendice, non gli resta altra soluzione che tuffarsi nell’acqua gelida. Libera il timone e riparte ma il risultato in classifica è compromesso ottiene un ventisettesimo posto.

Simone Bianchetti: I risultati iniziano ad arrivare

A Madeira disputano una regata di prologo prima della seconda tappa e Bianchetti arriva primo, racconta il navigatore italiano: “È un momento magico. Dopo il fallimento, avevo bisogno di qualcosa che mi colmasse e questa regata mi sta facendo riprendere in mano le redini della mia vita.” Durante la regata stabilisce un record con 250 miglia percorse in 24 ore. Quasi crede di vincere ma la sorte non è dalla sua parte.

Velisti italiani - Simone Bianchetti in navigazione
Simone Bianchetti in navigazione

I piloti automatici non funzionano ed esplode anche un ballast: dopo sette giorni arriva stremato, decimo in classifica generale e primo tra gli italiani. Ma non riesce a festeggiare: la vela italiana è in lutto per la tragedia del Parsifal, personalmente Simone ha perso sei amici in mare.

Simone Bianchetti e la Europe One Star

La tappa successiva per Bianchetti è quella di partecipare alla famosa Ostar, regata in solitario da Plymouth a Newport, palestra dei migliori navigatori al mondo. Simone chiede di nuovo la benedizione e la barca, “il Verdone”, un 45’ in alluminio,  progetto Finot, al suo mentore Cino Ricci che acconsente. Inizia un refit completo: accorcia lo scafo a 44 piedi per iscriversi alla terza classe e costruisce i ballast. Installa le paratie stagne e una deriva a prua per manovrare meglio di bolina; cambia l’albero e aumenta la superficie velica.

OSTAR - I fondatori
OSTAR – I fondatori

Il 16 giugno Simone sul Town of Cervia-Merit Cup, insieme ad altri sette navigatori italiani, è pronto a vivere questa nuova avventura.

Sceglie la rotta più breve ma più difficile, la “Great Circles”, battuta dalle depressioni, dal freddo e dagli iceberg alla deriva. A sud dell’Irlanda i piloti automatici smettono di funzionare ma la decisione è ovvia per Simone: continuare.

Simone Bianchetti: Il dolore del navigatore italiano

“L’Atlantico mi scuote con più rabbia di prima, le onde si gonfiano e il vento non smette di suonare la sua ballata. Raschia le drizze con costanza, come un violinista senza talento: la sua musica mi scava dentro, ad ogni raffica sempre più in profondità. Fa anche freddo, l’alito dell’oceano mi trapassa e stringo più forte la barra”, scrive, ricordando quel momento.

La regata diventa una tortura: ha le mani gonfie e piagate dal gelo, non riesce quasi a cambiare le vele a prua. È sempre bagnato senza più indumenti di ricambio ed è costretto a timonare a causa dell’avaria degli autopiloti.

Passa i banchi di Terranova tra le nebbie, i pescherecci, la corrente e le burrasche. Manovra senza tregua per evitare le collisioni ma dopo tredici giorni al timone arriva quasi privo di vita a Rhode Island. Si risveglia in ospedale e scopre di aver chiuso secondo di classe, con tredici ritirati su cinquantacinque.

L’esperienza segna per sempre il navigatore italiano: “Nulla ha manipolato il mio corpo, la mia psiche, il mio inconscio come quella regata. È stata una sofferenza troppo grande, mi ha modificato il codice genetico, qualcosa è cambiato.”

Velisti italiani - Simone Bianchetti - Poemetti Furiosi di un navigatore
Simone Bianchetti – Poemetti Furiosi di un navigatore

Ancora una crepa nel corpo e lo spettatore che soffre per la sua storia quasi si chiede il perché, da che colpa deve redimersi?

Simone Bianchetti e La Route du Rhum

Durante gli anni successivi Simone partecipa alle principali regate d’altura: la Transat Québec – Saint-Malo e la Solitaire du Figaro, la palestra dei navigatori solitari.

Nel 1998 decide di partecipare alla Route du Rhum con il 60 piedi Moana costruito in Italia e progettato da Vittorio Malingri, grande navigatore italiano. Lo ribattezza Telecom Italia – TNT e ritorna in mare a “sentire il respiro dell’oceano” e a curarsi dalla “febbre del circuito oceanico”: “È una crescita continua, vuoi metterti alla prova cerchi i tuoi limiti, per superarli guardi ad imprese sempre più grandi, sempre più difficili.”

Le prove e le difficoltà non mancano per Bianchetti che è costretto anche ad una sosta a Sao Miguel per riparare il generatore. Per, la sesta edizione della regata è stata una delle più dure. Ma la meta del navigatore è sempre e solo il Vendée Globe per cui sacrifica tutto: famiglia, fidanzate, amici e soldi.

Velisti italiani - Simone Bianchetti - Repertorio RAI
Simone Bianchetti – Repertorio RAI

“Il fuoco che ho dentro non mi dà pace, mi sento come un monaco che deve esercitare il suo apostolato sull’oceano. Adesso però sono veramente stanco e saturo, mai del mare ma della fatica che mi è costato. Sì, sono un monaco dell’oceano ma in questo momento ho bisogno di staccare.”

Simone Bianchetti e la Transat de Sables

“C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce” (Leonard Choen).

Lo stacco avviene su un carro a vela: percorre in otto giorni, ottocento chilometri nel deserto del Sahara. “È veramente affascinante il deserto: ha una luce incredibile e colori così intensi che fanno male. Ho gli occhi ancora colmi di albe, tramonti e di un cielo che non avevo mai visto così azzurro. Non è mai uguale, cambia scenario in una manciata di chilometri; è come l’oceano, che cambia volto continuamente quasi con compiacimento. Il deserto ha asciugato le nebbie che mi portavo dentro da anni e mi ha riossigenato. Finalmente è venuto il momento del Vendée Globe e devo cominciare a organizzare la mia partecipazione alla regata”.

Simone Bianchetti alla Vendée Globe

Ricomincia il vagabondare di Simone alla ricerca di sponsor e di una barca per coronare questa volta il suo più grande sogno. Mentre valuta varie barche dei vincitori delle edizioni precedenti l’organizzazione cambia il regolamento del giro del mondo senza scalo. La ricerca si restringe: pensa allora alla barca con cui Monnet sta facendo il giro del mondo all’incontrario, contro i venti e le correnti. Parla con Monnet quando ancora è ancora in navigazione e il francese si affeziona a quel sognatore e navigatore italiano.

Velisti italiani - Il percorso della Vendée Globe
Il percorso della Vendée Globe

Bianchetti rassicura Monnet, si inventa uno sponsor che lo sostiene ma è un bluff. “Quando non trovavo una soluzione, sfondavo l’ostacolo senza pensare alle conseguenze. Ho superato volontariamente il punto di non ritorno, sono andato oltre la soglia del pentimento.” Simone inizia a prepararsi e sistemare la barca a La Rochelle di cui adora l’atmosfera. Finalmente dopo qualche mese coinvolge nella sua avventura Henri de Maublanc, manager di Aquarelle, azienda che vende fiori online.

Interessati ad entrare nel circuito delle regate oceaniche, sono disposti a duplicare la sponsorizzazione quando Simone inventa il ritiro di uno sponsor italiano. Rasserenato per la questione budget, Bianchetti si dedica a preparare la barca che aveva compiuto già quattro giri del mondo con altri skipper.

Simone Bianchetti e Aquarelle

“Aquarelle diventa la barca che ho sempre sognato: è una bella emozione sentirla mia, l’accarezzo, l’abbraccio, le parlo sottovoce, le racconto di me. Ma soprattutto l’ascolto: sulla mia barca i pensieri degli skipper che l’hanno avuta prima di me, Poupon, de Broc, Monnet, viaggiano indisturbati come farfalle”.

Velisti italiani - Simone Bianchetti al Vendée Globe
Simone Bianchetti al Vendée Globe

Prepara con il suo team di terra la cambusa e l’abbigliamento. Deve frequentare i corsi di formazione medica e di sopravvivenza, imposti dall’organizzazione: è una corsa.

Arriva “il giorno del salto nel buio”: il 7 novembre 2000 Bianchetti, grande navigatore italiano, parte per il suo Vendée Globe. Una battaglia è già vinta: essere sulla linea di partenza, ma “La mia paura più grande non è tanto quella di incorrere in una disgrazia. Quanto piuttosto non riuscire a portare a termine l’impresa cui ho dedicato la vita ma andrà tutto bene, lo so.”

Inizia la lunga discesa verso il primo capo da doppiare: Capo di Buona Speranza. Simone affronta vari imprevisti: un malfunzionamento dei piloti automatici, le rotture in coperta e i problemi con le vele. Risente della stanchezza degli ultimi mesi ma è motivato come non mai a diventare il primo dei navigatori italiani a concludere la regata. Prova però sempre un senso di malinconia: “Non passa giorno che non pensi ai miei genitori. È proprio strana la vita: quando torno a casa sono sempre troppo occupato a inseguire il mio sogno, per avere tempo per loro. Quando poi sono in mare tutte le persone alle quali ho negato attenzioni mi vengono a mancare maledettamente.”

Simone Bianchetti verso il grande Sud

Passa il Pot-au-Noir rapidamente e tagliando l’Equatore festeggia con un buon risultato: riesce a passare un paio d’avversari. Mentre scegliendo di attraversare l’anticiclone di Sant’Elena, frena la sua corsa: però trova finalmente la sintonia con la sua barca.

Velisti italiani - Simone Bianchetti in regata col sestante!
Simone Bianchetti in regata col sestante!

Si lascia alle spalle la zona di alta pressione e prepara sè stesso e la barca. Si prepara ad affrontare la corsa verso la fine del mondo, verso il Grande Sud.

“Intorno a me l’oceano cambia respiro, il cielo cambia colore, tutto diventa grigio, le tinte si stingono, si spengono. Il tramonto, la notte e l’alba si mescolano in un’atmosfera lieve, in una luce d’acquarello: è una tavolozza monocromatica che mi suscita, confesso, malinconia. Avvisto anche i primi albatri, gli ambasciatori del grande sud: questi uccelli si distinguono dagli altri perché non sbattono mai le ali planano sull’oceano.” Molti marinai sostengono che siano di buon augurio.

In testa alla flotta avvistano degli iceberg ad alta latitudine e per Simone è causa di grande stress. Ma impara a conviverci, teme che qualcosa comprometta l’impresa e che sia costretto a ritirarsi come al BOC Challenge.

Mi sembra di navigare sulle montagne russe

Inoltre, le burrasche sono continue e si alternano a brevi zone di alta pressione, scrive: “Mi sembra di navigare sulle montagne russe. Durante la tempesta si sale verso il cielo quindi arriva l’alta pressione che consente di allentare la tensione ma per poco. Sei consapevole infatti che entro breve ci sarà nuovamente una discesa e ti prepari mentalmente all’urlo.”

A Natale affronta un’altra burrasca, “Le raffiche raschiano le drizze ad una velocità di 50 nodi. Sento solo il ruggito dei marosi, l’onda che frange di poppa e la barca che parte in planata a 20, 25 nodi.” Doppia Capo Leeuwin ma il 27 subisce un knockdown: l’albero resta intero ma si incrina. Bianchetti si ridossa a Stewart Island per ripararlo alla fonda. Riesce a fare una riparazione soddisfacente e riparte per affrontare il Pacifico, un’immensa vastità che lo separa dal suo sogno di diventare capohorner. Si sussegue la routine allietata dalle telefonate dei familiari e degli amici e degli sponsor, tutti sono vicini al navigatore italiano.

Velisti italiani - Simone Bianchetti - L'Enigma misterioso dell'acquario
Simone Bianchetti – L’Enigma misterioso dell’acquario

Finalmente arriva il momento tanto sperato, “Sono ad una distanza di cinque miglia quando accade. Le nubi si squarciano e lasciano il passaggio ad un raggio di luce, il promontorio si illumina, illumina il mio cuore. È lì davanti a me, lo vedo e non ci credo è dall’età di quindici anni che aspetto questo momento. Ripenso a tutto quello che ho fatto per arrivare fin qui, doppio capo Horn e sono pronto a ricominciare la mia vita.”

Qui c’è tutto quello che cerco, tutto quello che ho sempre chiesto alla vita

Il 20 febbraio passa di nuovo la linea dell’equatore festeggia il suo compleanno che è lo stesso giorno di Joshua Slocum. Manca poco all’arrivo, le sue sensazioni sono contrastanti. “Se mi volto indietro vedo soltanto una scia lunghissima che ha solcato i mari del mondo intero, di tutti gli oceani. Sento con un po’ di nostalgia che tutto questo sta per finire. L’equilibrio che ho raggiunto con la barca e con quanto mi circonda è incredibile. È un’unione piena: qui c’è tutto quello che cerco, tutto quello che ho sempre chiesto alla vita.”

Bianchetti arriva dopo 121 giorni ed è il primo italiano ad aver concluso il Vendée Globe, l’Everest dei mari.

Velisti italiani - Simone Bianchetti esulta
Simone Bianchetti esulta

Un po’ di colla, un balsamo per lenire la crepa: finalmente corona il suo più grande sogno.

Simone Bianchetti e l’Around Alone

Sulla scia dell’impresa compiuta Bianchetti decide anche di partecipare anche all’Around Alone, giro del mondo in solitario a tappe. Un nuovo e solido sponsor lo appoggia e può contare finalmente su una barca competitiva, il 60 piedi ribattezzato Tiscali Global Challenge. Il secondo giro del mondo gli riserva delle difficoltà ma anche la prova che ormai lui è parte del mondo dei grandi uomini di mare. Durante la seconda tappa, ad esempio, disalbera e il primo in classifica Bernard Stamm gli dà il suo albero di rispetto per continuare la regata.

Velisti italiani - Simone Bianchetti alla Around Alone
Simone Bianchetti alla Around Alone

All’arrivo ricorda Cino Ricci: “Mi telefonò: “Ho rotto l’albero, ho rotto l’albero ancora.” Ma riuscii a tagliare il traguardo con un moncone, mancava poco all’arrivo per fortuna. Bianchetti conclude l’Around Alone sul podio, terzo assoluto e finalmente il navigatore italiano ottiene un riconoscimento a livello mondiale.

Velisti italiani - Tiscali disalberata
Simone Bianchetti – Tiscali

La crepa non si è fermata

Tornato in Italia, sposa Inbar Meytsar che aveva conosciuto un anno prima a Savona. Ma la crepa non si è fermata. Quando annuncia a Cino Ricci il lieto evento il mentore gli chiede: “E ora che fai?” E lui: ”Ah riparto subito.” La moglie ritrova questa poesia dopo la sua morte.

“Oggi ho preferito pensare a te,
piuttosto che guardare il mare
mentre scolpisce le onde,
l’oceano mi chiama,
io gli appartengo,
so che dovrò fare la mia scelta,
lui mi protegge,
tu no.”
Simone Bianchetti.

Velisti italiani - Tiscali
Simone Bianchetti – Tiscali

Nessuno, nemmeno l’amore di una donna che ha sposato Simone e il mare, ha potuto riparare la crepa. Simone muore improvvisamente a Savona per un’aneurisma cerebrale e lascia un vuoto per la famiglia, gli amici e per molti navigatori italiani. Ma nonostante quella crepa Bianchetti ci ha dimostrato con la sua vita e le sue imprese che si può realizzare i propri sogni. Contro il destino, contro il vento, contro il tempo si può comunque raggiungere le proprie mete.

Bibliografia

  • Simone Bianchetti, Poemetti furiosi di un navigatore solitario, Editoriale Olimpia, 2000
  • Simone Bianchetti, Fabio Pozzo, I colori dell’oceano, Longanesi (collana Il Cammeo), 2003, con prefazione di Cino Ricci
  • Simone Bianchetti, L’enigma religioso dell’estuario. Poesie raccolte nel vento, Crociera Totale, 2003