Timone a vento e confronto con un autopilota elettrico

L’autopilota di una barca è la sua componente elettronica più cara. Dunque è importante conoscerlo e saperlo usare per ottenere il meglio. Gli autopiloti però non sono sempre stati elettrici, la loro evoluzione ha richiesto anni di perfezionamento. All’alba delle vela oceanica non esisteva che il timone a vento. Essendo meccanico e non dipendendo dalla corrente, per decenni è stato il cuore della vela d’altura.

Timone a vento - Monitor Windvane - diagramma
Timone a vento – Monitor Windvane – diagramma

Tuttavia il timone a vento presenta delle limitazioni che non lo rendono ideale in tutte le circostanze. Il mondo delle regata ha dato dunque impulso allo sviluppo dei piloti automatici elettrici. All’inizio erano molto semplici, un autopilota moderno invece è veramente molto sofisticato. Sulle barche da regata moderne non si vedono più timoni a vento tuttavia hanno ancora un ampio mercato fra i croceristi giramondo. Cerchiamo di capirne pregi difetti ed evoluzioni nel corso dei decenni.

Timone a vento - Pen Duick II
Timone a vento – Pen Duick II

Timone a vento meccanico ed autopilota elettrico

Prima che l’elettronica invadesse le nostre barche, esistevano solo piloti automatici meccanici. Un autopilota meccanico prende il nome di timone a vento. In inglese vengono chiamati windvane o windpilot. La loro storia è molto affascinante, prima che ne venisse prodotta una versione commerciale erano tutti auto-costruiti. Alla prima edizione della OSTAR nel 1960 tutti i concorrenti ne avevano uno di propria ingegnerizzazione.

OSTAR - I fondatori
OSTAR – I fondatori

Il timone a vento

Quando nel 1967 Francis Chichester concluse la prima circumnavigazione a vela diventò un eroe. Navigando con sestante e con un timone a vendo a poppa di Gipsy Moth IV entrò nella leggenda. L’anno successivo partì la Golden Globe, la prima regata intorno al mondo senza scalo. Robin Knox-Johnston divenne il primo uomo a terminare una circumnavigazione a vela senza scalo. Alla partenza c’era anche Bernard Moitessier e le sue foto col sestante in mano hanno fatto la storia. Anche la sua barca era dotata di sistemi auto-costruito.

Timone a vento - Francis Chichester - Gipsy Moth IV
Timone a vento – Francis Chichester – Gipsy Moth IV

Il principio di funzionamento del timone a vento

Il funzionamento di un timone a vento è più complesso di quanto non si creda. Anche questi sistemi si sono evoluti nel tempo tentando varie soluzioni. La soluzione che si è dimostrata più efficace è quella della pala a pendolo collegata ad una veletta a poppa. La veletta, o pala, del timone a vento non può certo avere la forza per timonare una grande barca di molte tonnellate. Dunque occorre trasformare le piccole oscillazioni della pala in una forza sufficiente a timonare la barca.

Timone a vento Aries - Trasmissione della rotazione
Timone a vento Aries – Trasmissione della rotazione

Per farlo la veletta è collegata ad una pala immersa nell’acqua che ha l’aspetto di un timone. Bisogna però subito chiarire che questa pala non funge da timone. La pala e montata su un tubo verticale con un punto di fulcro e può oscillare da sinistra a destra. Ciò che la fa oscillare è la pala in aria, facendola ruotare. La pala viene regolata ad un certo angolo al vento e in assenza di altre forze rimane verticale. Quando il vento invece di fluire lungo l’asse della pala la colpisce lateralmente la abbatte su un lato. La pala in aria ha un contrappeso, quindi basta anche poca aria perché questo avvenga.

Timone a vento - Schema di costruzione
Timone a vento – Schema di costruzione

La pala oscillando causa una rotazione dell’asse della pala immersa. Ruotando, la pala verrà portata a sinistra o a destra dalla flusso d’acqua che la investe. L’acqua essendo molto più densa dell’aria ha una forza molto superiore. Due cimette legate al tubo cui è collegata la pala sono poi rimandate al timone a barra. Le due cimette sono legate ad una catenella, la catenella ha un punto di innesto sulla barra. La catenella permette una regolazione di fino se si vuole tenere la barra leggermente fuori centro.

I punti di forza del timone a vento

Il flusso d’acqua che investe la pala immersa in acqua è in grado di generare una enorme forza. Questa trasmessa alle cimette che rimandano alla barra è in grado di timonare anche grandi barche. Il secondo punto di forza sta nel fatto che questi sistemi non ha alcuna componente elettrica. Fintanto che non si guasta teme solo oggetti semi-sommersi e venti che possano danneggiare la veletta.

Timone a vento - tubo sacrificale
Timone a vento – tubo sacrificale

La pala in acqua solitamente e connessa al tubo principale con una sezione di tubo volutamente più debole. In caso di collisione con un oggetto la pala piegherà la sezione di tubo sacrificale. La pala stessa, legata alla barca, non andrà persa, e si potrà provvedere a sostituire il tubo sacrificale. Per quanto riguarda la veletta o pala che fluttua in aria, anche questa può danneggiarsi con groppi molto forti. Essendo leggerissima basta portarne uno o più di ricambio e il problema è risolto.

Vento apparente e bolina col timone a vento

L’enorme forza del timone a vento è in grado di timonare anche barche di stazza importante. Le forze in gioco non sono indifferenti e occorre acquistarne uno della dimensione appropriata alla nostra barca. Tuttavia è davvero impressionante osservare la capacità di uno di questi timoni di condurre una barca anche in tempesta.

Timone a vento - Vento apparente
Timone a vento – Vento apparente

Per definizione, la pala in aria, risponde solo all’aria che la colpisce. Il timone a vento può dunque condurre una barca solo all’apparente. Per le barche a vela tradizionali dislocanti questo non presenta grandi problemi  a tutte le andature. E’ però importante che la barca sia ben bilanciata e si dice infatti che il timone a vento insegni a condurre meglio una barca. Il punto di forza del timone a vento rimane comunque la bolina, dove davvero dà il suo meglio. Con un forte apparente che controlla la pala con precisione, la barca risponde e naviga benissimo.

Punti di debolezza del timone a vento

Le grandi forze in gioco possono far si che il timone a vento si rompa. I danni alle pale in aria o acqua sono facilmente risolvibili. Eventuali danni al pendolo della pala aerea e del meccanismo che lo trasforma in rotazione sono difficili da risolvere. La struttura stessa è suscettibile a danni in condizioni particolarmente dure. Alcuni modelli hanno un corpo in alluminio e se questo si rompesse non sarà neanche possibile saldarlo in un secondo momento. Per quelli in acciaio, pur non potendo risolvere i problemi a bordo più gravi a bordo, è sempre possibile ripararli.

Timone a vento - rinvio in pozzetto delle cime di controllo
Timone a vento – rinvio in pozzetto delle cime di controllo

L’altro problema è l’eventuale assenza o debolezza del vento. In bonaccia con poca aria variabile il sistema non ci viene in soccorso come autopilota. Senza aria siamo costretti a timonare a mano, finché non tornerà sufficiente aria per reinnestarlo.

Timone a vento - Agganciare un piccolo autopilota elettrico per creare una modalità bussola
Timone a vento – Agganciare un piccolo autopilota elettrico per creare una modalità bussola

Le andature portanti col timone a vento

La capacità di timonare con precisione del timone a vento è inferiore al traverso e alle andature portanti. Questo perché la barca subisce delle accelerazioni, specie dovute al salire e scendere dalle onde. Quando questo avviene il vento apparente cambia. Quando acceleriamo l’apparente ci dà scarso, quando rallentiamo ci dà buono. In altre parole alle portanti l’apparente oscilla da prua a poppa rispetto al suo valore medio.

Timone a vento - Andature portanti
Timone a vento – Andature portanti

Questa oscillazione fa si che la barca segua una rotta ad “S” tanto più marcata quanto più importanti le accelerazioni. Per questo motivo il timone a vento è ancora una valida soluzione su barche dislocanti ma non è utilizzabile su barche da regata moderne. Queste hanno delle accelerazioni troppo repentine, grazie alla loro leggerezza. Allo stesso tempo la leggerezza implica mancanza di inerzia, ed inevitabilmente la velocità subisce continue ed importanti variazioni.

OSTAR - Pen Duick VI
OSTAR – Pen Duick VI

Quanto andiamo a sommare queste variazioni della velocità della barca a quelle del vento tutto si complica. Con l’apparente che oscilla in continuazione rispetto alla barca, il timone a vento non è in grado di timonare con precisione. Specie una barca da regata planante alle andature portanti. L’unico modo è quello di accettare l’andatura un po’ ubriaca riducendo randa e tenendo vela a prua. Per esempio navigando solo con un fiocco tangonato una barca da crociera può affrontare anche grandi mari.

I principali produttori di timoni a vento

  • Aries (uno dei più diffusi, ma corpo in alluminino e parti in acciaio danno a volte problemi)
  • Hydrovane (in produzione sin dal 1968)
  • Monitor (avevo questo alla OSTAR 2009 – tutto in acciaio)
  • Windpilot (il timone si chiama Pacific, e nella sua versione Pacific Light è adatto anche a barche piccole)
OSTAR 2009 - Marco Nannini - British Beagle
OSTAR 2009 – Marco Nannini – British Beagle con Monitor Windvane

Gli autopiloti elettrici

I piloti automatici elettrici hanno subito una lenta evoluzione nel tempo. Quelli moderni sono oggetti di elettronica molto complessi che nulla hanno a che vedere col passato. I primi piloti automatici elettrici introdussero la capacità di timonare rispetto ad una prua bussola. I primi piloti automatici, ben lontani dall’essere centraline di controllo erano un po’ come degli stupidi muli. Si limitavano a correggere la rotta a sinistra o destra quando la prua bussola discostava da quella impostata.

All’inizio però, anche nella loro semplicità fornirono un secondo sistema di timonare in automatico. Sopratutto risolvevano l’annoso problema del timonare in bonaccia. L’autopilota elettrico non ha nessun problema a tenere la barca su una certa prua. Questo mentre magari ci affanniamo a regolare le vele ad ogni refolo.

L’anemometro

A bordo delle barche comparvero i primi anemometri, che rilevano intensità e direzione dell’apparente. Fu solo questione di tempo e finalmente l’anemometro fu interfacciato con i piloti automatici. Così facendo l’autopilota poteva timonare in base alla prua bussola oppure in base all’apparente. Questa fu una piccola rivoluzione perché sulla carta ora un autopilota per barca a vela faceva tutto quello che faceva il timone a vento. In più sapeva condurre la barca su una linea retta in bonaccia.

L’Atlantico del Sud senza anemometro

Durante la mia partecipazione alla Global Ocean Race del 2011/2012 a metà della prima tappa ci ritrovammo senza strumenti. Avevamo due anemometri in testa d’albero ma il primo fu danneggiato da un groppo nel mezzo del pot-au-noir. Quando eravamo ancora a 3.000 miglia da Cape Town il secondo anemometro si strappò dalla testa d’albero. Una ispezione rivelò che il supporto in acciaio aveva ceduto. Col tempo scoprimmo che era un problema comunissimo ma il fornitore si rifiutò di accettare ogni responsabilità. Un perfetto esempio di pessimo after sales.

Autopiloti - Anemometro perso nell'Atlantico del Sud
Autopiloti – Anemometro perso nell’Atlantico del Sud

L’anemometro giaceva a migliaia di metri sul fondo dell’Atlantico del Sud. Il distributore mi chiese di spedire il pezzo difettoso per poter compilare il modulo di reso. La persona sapevo dove mi trovavo e che non avevo nulla da restituire – ma di furbetti ne è pieno il mondo.

Questo ci lasciò con un problema enorme, 3000 miglia e solo la modalità bussola dell’autopilota. Durante il giorno il mio co-skipper timonava con una dedizione che aveva dell’incredibile. Dall’alba al tramonto senza lamentarsi riusciva a rimanere concentrato ed assorto nel suo eterno timonare. Per lui era una seconda natura, un lavoro che affrontava con la sistematicità di un camionista che macina miglia su miglia sempre e comunque.

Global Ocean Race - Paul Peggs al timone nei 40 ruggenti
Global Ocean Race – Paul Peggs al timone nei 40 ruggenti

Il problema della notte

Di notte purtroppo Paul non riusciva a timonare con la stessa efficacia. La notte infingarda non gli faceva vedere bene le onde atlantiche. Provai anche io ma con mare formato e tirando come dei matti sotto spi finivamo per fare un sacco di straorze. Per di più la notte era lunga e fredda nei quaranta ruggenti e fui costretto ad escogitare uno stratagemma. Da seduto al tavolo di carteggio col telecomando in mano sentivo col corpo il movimento della barca.

Autopiloti - Il telecomando di un NKE
Autopiloti – Il telecomando di un NKE

Ogni volta che la barca “alzava il culo” poggiavo di 10 gradi. Quando si sedeva piatta orzavo di 10 gradi, rimanevo così tutta la notte, telecomando in mano. La situazione era talmente assurda che coniammo la definizione di “Tamagotchi Sailing“. Con quel telecomando in mano dalla forma ovale come un Tamagotchi sembravo ossessionato da quel vecchio gioco giapponese. In verità quello che facevo era sì usare la modalità bussola ma adattarmi alle leggere oscillazioni del vento reale.

Autopiloti: l’introduzione della modalità vento reale

Con l’evoluzione dei piloti automatici oltre all’anemometro fu interfacciato anche il sensore della velocità barca. I display in pozzetto già da tempo riportavano l’informazione del vento reale.  Con barche da regata sempre più leggere e plananti la possibilità di timonare al vento reale divenne un’esigenza. Una barca dislocante ha una sua inerzia e una sua velocità scafo massima. Per questo motivo le sue accelerazioni non sono molto repentine né discostano molto dalla velocità media.

Su una barca da regata la velocità in planata può raddoppiare, ed anche le decelerazioni sono repentine. La barca da regata è molto più nervosa in questo senso, per via della sua leggerezza. I piloti automatici che introdussero la possibilità di timonare al reale risolvevano molti problemi. Le barche da regata potevano per la prima volta navigare in sicurezza e a grande velocità anche alle andature portanti. Questo perché facendo un calcolo vettoriale il cervello dell’autopilota conosceva sia vento apparente che reale.

Autopiloti - Scafi plananti
Autopiloti – Scafi plananti

I sistemi si evolvevano in continuazione e i piloti automatici divennero vere e proprie centraline elettroniche. Con un intelligenza sempre più sofisticata si aggiunsero accelerometri per fornire ulteriori informazioni all’autopilota. Un moderno autopilota, se ben impostato riesce a timonare perfettamente in tutte le condizioni. Chi pensa che non sia così spesso semplicemente non sa portare bene la barca. Ovvero anche per i piloti automatici elettrici la barca deve essere ben bilanciata.

Autopiloti: i principali produttori

  • NKE Marine Electronics (Francese, il primo a diffondersi nel mondo delle regate)
  • B&G (Americano, progressivamente sta prendendo quote di mercato dalla NKE che non predomina più come un tempo)
  • Raymarine (Pensato per il mercato crociera è arrivato ad un livello decente per uso fra regatanti non professionisti)
  • Garmin (Il loro autopilota automatico è relativamente sconosciuto nel mondo delle regate)
  • Navman (Anche questo autopilota è poco diffuso fra i regatanti)
Autopiloti - Raymarine Evolution
Autopiloti – Raymarine Evolution

Installazione di un autopilota elettrico

L’installazione di un autopilota, vista l’interconnessione con i sensori impatta anche la strumentazione. Per questo motivo una volta presa la decisione non si potrà facilmente cambiare idea senza reinstallare tutto. Non sono compatibili fra loro, non possiamo prendere dati da un sistema e passarle ad un autopilota.

Autopiloti - Computer NKE con sensori (escluso vento)
Autopiloti – Computer NKE con sensori (escluso vento)

L’unica eccezione è quella dell’attuatore, ovvero del braccio che controlla il timone. Questo non è più in pozzetto ma al sicuro sottocoperta e solitamente connesso direttamente all’albero timone. L’attuatore proposto dalla NKE per esempio è solo marchiato dal loro brand. Il produttore Lecomble & Schmidt produce attuatori idraulici ottimi ed affidabili. Tuttavia gli attuatori idraulici hanno consumi elettrici piuttosto elevati. E’ possibile, ed anzi preferibile, installare un Linear Drive Type 1 o 2 (a seconda della barca) della Raymarine.

Autopiloti - Attuatore idraulico della Lecomble & Schmidt
Autopiloti – Attuatore idraulico della Lecomble & Schmidt

Questi attuatori elettrici sono davvero indistruttibili e possono coprire decine di migliaia di miglia senza manutenzione. Gli attuatori per piccole barche funzionano a corrente reversibile a 12v. Pertanto si potrà sempre installare un attuatore di una marca con un altro autopilota.  La combinazione di cervello NKE e attuatore Raymarine è quella con cui ho fatto il giro del mondo. Avevo a bordo del mio mini Basecamp 438 vincitore di una Mini Transat nel 2005.

Autopiloti - Attuatore elettrico Raymarine
Autopiloti – Attuatore elettrico Raymarine

Impostazioni parametri di un autopilota NKE

In un futuro articolo parleremo di settaggi dei piloti automatici. Infatti per saperli sfruttare bene bisogna saperli impostare e conoscerne i settaggi. Riporto qui una tabella di riferimento che usavo per gli allenamenti con allievi al Centro Italiano Vela d’Altura. Per molti sono arabo per altri saranno un punto di partenza per testarli sulla propria barca.

Mini 650 Pogo3 - Ambrogio Beccaria
Mini 650 Pogo3 – Ambrogio Beccaria
Schema impostazione parametri pilota NKE su Mini 650 Serie
AndaturaModalita’ PilotaGainSpeed CofficientWind damping
MotoreCompass25n.a.
Vento leggerissimoCompass252
Bolina mare piattoApparent Wind24-63
Boina mare agitatoApparent Wind3-45-73
Bolina larga/traverso mare piattoTrue Wind36-81
Bolina larga/traverso con ondaTrue Wind4-56-101
Portante mare piatto/calmoTrue Wind45-81
Portante con ondaTrue Wind5-67-141
Note
Il counter rudder deve essere sempre impostato ad Auto.

Lo speed coefficient deve essere proporzionale alla velocità della barca con una formula pari a circa Speed Coefficient = velocità media della barca in nodi. Si aggiungerà +2/3 con onda.

Navigando a 6 nodi lo speed coefficient sara’ impostato a 6 con mare piatto e a 8/9 con onda, a 10 nodi a circa a 10 con mare relativamente piatto e a 12/13 con onda etc.

Impostazioni parametri su altre barche

Su Mini 650 Proto lo speed coefficient deve essere leggermente superiore. Per esempio si può partire da un fattore di velocità barca moltiplicato 1.2. Dunque a sei nodi con mare piatto lo alzeremo già a 7/8. Questo per tener conto della maggior reattività dei proto, più leggeri.

Su un Class40 moltiplicavamo circa velocità barca per 1.5. A 10 nodi di velocità lo speed coefficient in mare non troppo agitato era a circa 15. L’esperienza e la conoscenza della propria barca portano ad adattare la tabella alle proprie esigenze.

Vendee Globe - GiancarloPedote - Prysmian Group
Vendee Globe – GiancarloPedote – Prysmian Group (Elettronica B&G)